Dante: “Vergine Madre, figlia del tuo figlio…”

“Vergine Madre, figlia del tuo figlio…”. E’ difficile restituire in italiano moderno la profondità esoterica e l’intensa commozione dell’elogio a Maria, che Dante mette in bocca a San Bernardo di Chiaravalle nella conclusione della Divina Commedia. I primi due versi accostano in lei i contrari (Vergine Madre, Figlia del tuo Figlio, / umile e alta più che creatura), esotericamente lodandola come coincidentia oppositorum, natura dunque celeste, al di sopra del ragionamento e delle leggi della materia. A questi versi ne segue un terzo di intenso misticismo, termine fisso d’eterno consiglio, nel quale Maria è celebrata come Pensiero eterno del Padre.

Considerata la profonda simbologia che Dante attribuiva ai numeri, non appare un caso che l’elogio di Maria si componga di 21 versi, numero la cui somma è il 3 della Trinità ed è generato dal prodotto del 3 per i 7 giorni della creazione, del tempo e della totalità. Ma il 21 è anche il capitolo dell’Apocalisse che vede la discesa della santa Gerusalemme, come sposa celeste, trono della sapienza: “E vidi la santa città, la nuova Gerusalemme, scendere dal cielo da presso Dio, pronta come una sposa adorna per il suo sposo. Udii una gran voce dal trono, che diceva: «Ecco il tabernacolo di Dio con gli uomini!” (Ap. 21,2-3). Ma questo tabernacolo, questa sposa, è Maria, l’Immacolata Concezione.

Dante aveva studiato presso i Francescani di Santa Croce e l’elogio della povertà di San Francesco, che pone nella Divina Commedia, lo dimostra vicino alla corrente dei Francescani Spirituali. Con quel “termine fisso d’eterno consiglio“, egli fa propria l’opinione del teologo francescano Duns Scoto, che aveva sostenuto la dottrina dell’Immacolata Concezione, una dottrina aspramente dibattuta e da molti avversata nella Chiesa, fino al dogma proclamato dal pontefice Pio IX l’8 dicembre 1854.

E’ questo un dogma che racchiude una profonda verità esoterica. Molti pensano che si riferisca al parto verginale di Gesù, ma non è così: l’Immacolata Concezione dichiara Maria esente dal peccato originale, la pone cioè, come Dante, su un piano più alto dell’umanità, la venera come sede della Sapienza fin da prima che il tempo fosse, compagna del Verbo quando il tutto veniva creato.

Si sussurrava che Pio IX in gioventù fosse stato iniziato nella Massoneria, salvo poi ripudiarla; forse proprio una mente aperta al mistero, come quella di chi era stato massone, poteva proclamare una verità esoterica così profonda e incomprensibile ai più. Anche la data scelta dal pontefice sembra racchiudere la natura di questa Vergine cosmica: vi si trovano infatti tre numeri mistici, l’8, l’ottavo cielo sede delle anime, il 12 che contraddistingue il cosmo e la Gerusalemme Celeste ed il 9, dato cabbalisticamente dalla somma delle cifre dell’anno 1854, ovvero il nono cielo, quello che Dante chiama il Primo Mobile, da cui si effonde l’energia creatrice, sempre associato dal poeta a Beatrice, la femminilità celeste.

Meno di quattro anni più tardi, l’11 febbraio 1858, in un villaggio sperduto dei Pirenei, una bambina povera ed illetterata ebbe la visione di una signora luminosa, che continuò ad apparirle anche nei giorni seguenti. Il 25 marzo, festività dell’Annunciazione, costei le rivelò il suo nome: “Io sono l’Immacolata Concezione”.

Ecco dunque la preghiera di Dante che ancora oggi riesce a commuovermi:

Vergine Madre, Figlia del tuo figlio,

umile e alta più che creatura,

termine fisso d’eterno consiglio.

Tu se’ colei che l’umana natura

nobilitasti sì, che il suo fattore

non disdegno di farsi sua fattura.

Nel ventre tuo si raccese l’amore

per lo cui caldo nell’eterna pace

così è germinato questo fiore.

Qui se’ a noi meridiana face

di caritate; e giuso, intra i mortali,

se’ di speranza fontana vivace.

Donna, se’ tanto grande e tanto vali,

che qual vuol grazia ed a te non ricorre,

suo disianza vuol volare sanz’ali.

La tua benignità non pur soccorre

a chi dimanda, ma molte fiate

liberamente al dimandar precorre.

In te misericordia, in te pietate,

in te magnificenza; in te s’aduna

quantunque in creatura è di bontate.

(DC Par. XXXIII, 1-21)

Ed ecco la mia conversione in un italiano moderno, comprensibile a tutti.

Vergine Madre, Figlia del tuo Figlio,

umile, ma al di sopra di ogni cosa creata,

Pensiero eterno impresso nel tempo.

Tu sei Colei che la natura umana

nobilitò a tal punto, che il suo creatore

non disdegnò di farsi sua creatura.

Nel tuo seno divampò l’Amore

al cui calore in quest’eterna pace

è germogliato il nostro Fiore.

Qui sei per noi un meridiano sole

di Carità e sulla terra, fra i mortali,

sei di speranza fontana zampillante.

Signora, tanto sei grande, tanto sei potente,

che chi vuol grazia ed a te non ricorre

la sua preghiera fa volar senz’ali.

La tua bontà non sol soccorre chi ti invoca

ma molte volte, spontaneamente,

anticipa la stessa sua preghiera.

In te è misericordia, in te è amore,

in te è splendore, in te si raccoglie

tutto ciò che di Bene è nel creato.

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1 commento su “Dante: “Vergine Madre, figlia del tuo figlio…”

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