Due bandiere

Le bandiere francese e italiana sono simili come tipologia, ma diverse nei colori. Quella italiana deriverebbe da quella francese, portata in Italia dalle armate napoleoniche. Ma non si trattò di un’imitazione con un semplice cambio di colori: il blu sostituito dal verde. Cambiò in modo radicale anche la simbologia.

Perché, sembrerà strano, entrambe le bandiere, apparentemente così essenziali e sobrie, nascondono un profondo simbolismo esoterico.

La bandiera francese, nella sequenza dei colori che a partire dall’asta sono il blu, il banco e il rosso, è icona dell’opera alchemica: il blu notturno sta per l’opera cosiddetta al nero, l’inizio del cammino con l’immersione nell’oscurità, a cui segue la resurrezione nella purezza del bianco ed infine la nascita della pietra filosofale che è rossa, fiammante nella sua regalità. L’opera alchemica non è semplice operazione chimica per l’affinamento e la trasmutazione dei metalli, ma soprattutto opera di rinnovamento interiore per far emergere la divinità che siede nel profondo di ciascuno di noi. Questo simboleggia la Pietra dei Filosofi.

Fa sorridere l’idea che il tricolore francese sia associato all’alchimia? Eppure fu pensato dal marchese La Fayette, allora comandante della nuova Guardia Nazionale rivoluzionaria, che era massone al 33° grado, il più alto, e dunque ben conscio della simbologia esoterica. Applicare alla nuova Nazione che stava nascendo dalla rivoluzione i colori delle operazioni alchemiche significava per lui e per gli altri affiliati simboleggiare l’alba di un mondo e di una società nuove, accostare la violenza rivoluzionaria alla sofferenza della materia nella combustione dell’athanor alchemico, sofferenza e trasmutazione da cui sarebbe scaturita la Pietra Filosofale, come dalla rivoluzione la nuova Francia.

Gli Italiani sostituirono il blu con il verde, che con l’opera al nero non c’entra per niente. La bandiera italiana, con l’introduzione del verde, connotò il tricolore di un altro ed ancora più intenso simbolismo esoterico, perché i tre colori erano quelli che la tradizione medievale attribuiva alle tre virtù teologali, la Speranza, la Fede e la Carità (o meglio l’Amore).

Ed è ciò che Dante aveva messo sulla bocca di Ulisse nella Divina Commedia: “Fatti non foste a viver come bruti ma per seguir virtute e conoscenza”. L’uomo nuovo per Dante e gli illuminati, che egli definiva Fedeli d’Amore, doveva seguire il cammino delle Virtù, perché la Conoscenza senza il rinnovamento interiore è diabolica. Per questo la Donna Celeste, Beatrice, che in Dante simboleggia la Divina Sophia, si veste dei tre colori delle Virtù ed è da loro accompagnata nella sua apparizione nella Divina Commedia.

Quello delle virtù teologali non è un cammino etico come molti ritengono, non significa essere buoni e pii, ma rinnovarsi profondamente per far emergere, anche in questo caso, l’immagine Celeste nascosta nel nostro profondo e ricevere così la Conoscenza totale ed assoluta della Vita.

Il tricolore francese è espressione dunque dell’esoterismo massonico, quello italiano dell’esoterismo cristiano, che fu anche di Dante. Entrambi intendono condurre alla stessa meta.

Nel tricolore italiano il bianco della Fede è posto al centro, perché è la Fede, cioè la profonda consapevolezza dell’Assoluto, che è fonte e senso della Speranza e dell’Amore.

Non c’è Speranza senza Fede, non c’è Amore senza Fede. La carità senza Fede diventa insipido buonismo, la Speranza senza Fede scivola nella delusione e nella disperazione.

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