Cattolici e Massoneria (articolo pubblicato in Il Governo delle Idee, n.86 (marzo 2010)

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1.

La Chiesa cattolica, come è noto, rifiuta ai suoi fedeli l’ingresso nelle obbedienze massoniche.

Parlo di obbedienze al plurale e non di obbedienza al singolare perché, come è noto, sono tante e diverse fra loro. Chiunque infatti può fondare una nuova fratellanza, svincolata dalle osservanze più grandi e note, il Grande Oriente d’Italia e la Gran Loggia d’Italia. C’è dunque molta differenza fra un’obbedienza e l’altra.

A livello locale, tuttavia, l’atteggiamento dei sacerdoti e delle diocesi verso la Massoneria varia considerevolmente e non è neppure chiaro se esista ipso facto la scomunica per chi vi aderisca. Diversi sacerdoti, privatamente, si limitano a sconsigliare l’affiliazione non a proibirla.

Per quanto mi riguarda, io sono nato e cresciuto cristiano e cattolico. Alla Chiesa rimango fedele. Sono consapevole che fedeltà non implica obbedienza sempre e comunque, ma ho deciso con libera scelta di obbedire al divieto, che pure mi è incomprensibile e anacronistico, con cui la Congregazione per la Dottrina delle Fede ha proibito ai cattolici l’adesione alla Massoneria.

La scelta dell’obbedienza e della piena comunione mi consente dunque di esprimere a pieno titolo la mia voce all’interno della Chiesa e di criticare le posizioni della gerarchia che ritengo sbagliate.

Vediamo dunque in primo luogo di capire come stia la questione tanto dibattuta della scomunica ai massoni: esiste ancora oggi?

 

2.

Il primo documento in questa materia risale al 1738: si tratta della Costituzione Apostolica In eminenti apostolatus specula di Clemente XII. La scomunica ai massoni vi era comminata ipso facto, cioè “senza alcuna dichiarazione”, e da essa, aggiungeva il papa,” nessuno potrà essere sciolto se non da Noi o dal Romano Pontefice allora esistente, eccetto che in articolo mortis”.  La Costituzione fu ripresa nell’enciclica Providas Romanorum Pontificum di Benedetto XIV del 1751 e nella Quo graviora mala di Leone XII del 1825.

Il Sillabo di Pio IX del 1864, elenco di proposizioni erronee, insieme con socialismo, comunismo, società bibliche e società clerico – liberali condannava anche le società segrete. Nel 1894 Leone XIII nell’enciclica Praeclara gratulationis ribadiva la scomunica dei suoi predecessori contro i massoni. Erano questi gli anni del conflitto fra lo Stato italiano e il Papa, il quale contestava la fine della propria sovranità temporale; erano gli anni del Non expedit, quando la Chiesa proibiva ai suoi fedeli ogni partecipazione alla vita pubblica. Alla domanda dei vescovi italiani se fosse proibito per i cattolici recarsi alle urne, la Penitenzieria vaticana rispondeva infatti nel 1871 col famoso non expedit, cioè non è opportuno. Dieci anni dopo il papa Leone XIII trasformava il non expedit in vera e propria proibizione.

Nel vecchio Codice di Diritto Canonico del 1917, al canone 2335, coerentemente con la Costituzione del 1738, si leggeva dunque:“Coloro che danno il nome alla setta massonica o ad associazioni del medesimo genere, che complottano contro la Chiesa o le legittime potestà civili, contraggono ipso facto la scomunica riservata semplicemente alla Sede Apostolica”.

Si trattava dunque di una posizione netta e chiara.

Con il rinnovamento seguito al Concilio Vaticano II, da più parti nella Chiesa si manifestò un’apertura verso la Massoneria. E’ significativa la risposta che nel 1974 il cardinale Franjo Seper, allora Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, dette ad un quesito del cardinale Krol, presidente della Conferenza Episcopale nordamericana: “Si può sicuramente insegnare ad applicare l’opinione di quelli autori i quali ritengono che il suddetto canone 2335 tocchi soltanto quei cattolici iscritti ad associazioni che veramente cospirano contro la Chiesa”. Nel 1975 l’arcivescovo di Marsiglia Roger Etchegaray concedeva l’autorizzazione al funerale religioso di un massone, spiegando che “non si può dimenticare che la scomunica comminata due secoli fa si spiegava in un cotesto di lotte religiose, né che la Chiesa, pur attendendo da una parte alla riforma del Diritto Canonico per riesaminare la sua legislazione penale, lascia tuttavia intendere che la scomunica non è operante e non può riguardare se non una loggia che agisca espressamente contro l’esistenza e la missione della Chiesa”.

La posizione anticipata dall’arcivescovo di Marsiglia e dal prefetto della Congregazione trovò puntuale conferma nel nuovo Codice di Diritto Canonico del 1983, dove il canone 2335 fu così modificato:“Chi dà il nome ad una associazione che complotta contro la Chiesa, sia punito con una giusta pena; chi poi tale associazione promuove o dirige sia punito con l’interdetto” (canone 1374). Ogni riferimento alla Massoneria veniva dunque tolto. Il nuovo testo fu approvato a larga maggioranza, ma con il voto contrario fra gli altri del cardinale Ratzinger.

La lettura del testo appare chiara: una “giusta pena”, e non necessariamente la scomunica, va comminata a chi complotta contro la Chiesa. Ne consegue che, se un’istituzione massonica non agisce contro la Chiesa, i suoi associati non solo non sono scomunicati ma neppure soggetti a “giusta pena”.

Il nuovo Codice, promulgato il 25 gennaio 1983, entrava in vigore il 26 novembre dello stesso anno. Lo stesso 26 novembre tuttavia,a Congregazione per la Dottrina delle Fede, presieduta non più da Seper ma dal cardinale Ratzinger, pubblicava una dichiarazione contenente un’interpretazione restrittiva del nuovo canone:

“…Rimane immutato il giudizio negativo della Chiesa nei riguardi delle associazioni massoniche, poiché i loro princìpi sono sempre stati considerati inconciliabili con la dottrina della Chiesa e perciò l’iscrizione rimane proibita.

I fedeli che appartengono ad associazioni massoniche sono in stato di peccato grave e non possono accedere alla Santa Comunione”…

Fermo restando che anche in questo caso non si trattava di scomunica in senso di diritto, ma di proibizione ad accedere all’eucarestia, l’interpretazione della Congregazione si discostava dal Codice, introducendo motu proprio un elemento di novità e cioè che sarebbero gli stessi principi massonici incompatibili con la dottrina cristiana, a prescindere dunque dall’ostilità o meno delle logge verso la Chiesa.

 

3.

In un articolo apparso sull’Osservatore Romano del 23 febbraio 1985 si spiegavano le ragioni della nuova dichiarazione, che possiamo sintetizzare in due punti:

1) il cristiano non può esprimere il suo rapporto col Creatore attraverso forme simboliche di due specie, quelle cattoliche e quelle massoniche.

2) la fraternità massonica, pur non essendo necessariamente relativistica, possiede in sé una forza relativizzante.

In un articolo apparso su El Pais il 10 marzo 1985, tradotto in Italia dalla rivista Hiram, Josè Benimeli faceva notare che sarebbe stato più corretto parlare di incompatibilità con la dottrina cattolica e non con quella cristiana, dal momento che molti vescovi anglicani, ortodossi e luterani risultavano iscritti alla Massoneria senza ravvisavi alcuna incompatibilità con la loro fede. L’iniziativa di Ratzinger appariva senza precedenti nella storia della Chiesa perché “prima di esser nominata e costituita la commissione pontificia di interpretazione del Codice, anticipava posizioni restrittive, facendo dire al Codice ciò che in nessun modo in esso è contenuto”.

La Congregazione infatti, di fronte alla constatazione che ormai la Massoneria non poteva più essere accusata di complottare contro la Chiesa, motivava per la prima volta il divieto con questioni di incompatibilità dottrinale.

Questa posizione della Congregazione non pare tuttavia tener conto dei veri princìpi a cui si ispira la Massoneria.

Per quanto riguarda l’obiezione 1), è facile infatti replicare che nella Massoneria il rito non costituisce una sorta di liturgia alternativa né un atto sacro, ma un percorso filosofico che, insieme con i simboli, attiene ad una sfera di perfezionamento interiore, morale e sapienziale. Dov’è dunque l’interferenza?

Per quanto riguarda l’obiezione 2), si deve osservare come la Massoneria spinga al dialogo fra le religioni, senza alcuna intenzione di porsi come religione universale sincretica. Essa si propone infatti come metodo filosofico di perfezionamento della persona, che opera su un piano diverso rispetto a quello della fede. Non esiste un Dio massonico, i cui caratteri derivino da un accostamento sincretico di varie visioni religiose. La Massoneria si limita a chiedere ai suoi adepti di credere in un principio divino, lasciando alle religioni il compito di disegnarne il volto. Essa cioè non entra nel merito del credo dei suoi associati, non giudica se una religione sia migliore di un’altra, ma tutte le rispetta allo stesso modo, lasciando ciascuno libero di ritenere la propria come più vicina alla Verità. Proprio per il rispetto che si deve ad ogni fede, nelle logge è vietato discutere di religione.

L’unica cosa che la Massoneria non ammette è l’ateismo.

Il rispetto non implica relativismo: la Massoneria non chiede ai suoi adepti di porre la propria fede sullo stesso piano delle altre, ma di rispettare la strada verso Dio che ciascuno ha scelto, per convinzione o per tradizione. Si tratta di cosa ben diversa dal relativismo.

Il cattolico che entri in Massoneria resterà dunque tale. Nella loggia dialogherà con l’ebreo, con il musulmano e perfino con l’agnostico che gli siedono accanto, i quali a loro volta potranno restare fedeli alla propria tradizione religiosa ed alle proprie convinzioni. Nella Massoneria egli troverà un luogo dove lo scambio libero e aperto delle idee contribuisce alla crescita della persona, dove le uniche regole sono la tolleranza ed il rispetto reciproco, dove si insegna a liberarsi da ogni preconcetto e da ogni tentazione di integralismo. E non si comprende perché da questo metodo di perfezionamento filosofico i cattolici debbano autoescludersi.

 

4.

Dimenticando o ignorando tutto questo, per la Congregazione i Massoni restano tuttora in stato di peccato grave e non possono accedere al sacramento dell’eucarestia.

Ma l’encicicla “Ecclesia de Eucharestia”, emanata successivamente al pronunciamento della Congregazione da Giovanni Paolo II, al punto 37 afferma:

Se poi il cristiano ha sulla coscienza il peso di un peccato grave, allora l’itinerario di penitenza attraverso il sacramento della riconciliazione diventa via obbligata per accedere alla piena partecipazione al sacrificio eucaristico. Il giudizio sulla stato di grazia, ovviamente, spetta soltanto all’interessato, trattandosi di una valutazione di coscienza”.

Aggiunge l’encicicla che solo nei casi di  comportamento esterno gravemente, manifestamente e stabilmente contrario alla norma morale, la Chiesa, nella sua cura pastorale del buon ordine comunitario e per il rispetto del sacramento, non può non sentirsi chiamata in causa” e respingere dal sacramento quanti “ostinatamente perseverano in peccato grave manifesto”.

L’appartenenza alla Massoneria non appare un comportamento contrario alla morale, perché i principi massonici sono in questo senso molto rigidi. Come è noto, i massoni devono essere persone di “buoni costumi”.

L’enciclica sembra dunque superare l’interpretazione della Congregazione affermando che “il giudizio sullo stato di grazia spetta solo all’interessato”: ne deriva infatti, come conseguenza logica, che non può essere un organo della Chiesa a stabilire cosa sia o non sia per la coscienza individuale “peccato grave”. Cosicché il cattolico che sia iscritto alla Massoneria e che non ravvisi in essa alcun elemento di ostilità alla Chiesa, né alcun ostacolo alla manifestazione della propria fede, né la diffusione di principi contrari alla fede, può a buona ragione ritenersi in stato di grazia ed accedere all’eucarestia con serena coscienza.

D’altra parte, Cristo stesso nel Vangelo di Marco afferma: “Chi non è contro di noi è per noi!” (Mc.9,40).

Mi sembra dunque che il testo del nuovo Codice di diritto canonico sia aderente al Vangelo, l’interpretazione che ne dà la Congregazione un po’ meno.

Nonostante una posizione apparentemente così rigida, la Congregazione non ha inteso comunque disconoscere gli sforzi di chi, opportunamente autorizzato, porti avanti il dialogo con la Massoneria. Ben venga dunque questo dialogo, ma da ambedue le parti, perché non dimentichiamo che anche nelle obbedienze massoniche sono molte, troppe, le voci contrarie ed arroccate su posizione obsolete di un anacronistico esasperato laicismo anticlericale.

 

5.

Il dialogo fra Chiesa e Massoneria rappresenta una necessità dei prossimi difficili tempi, perché entrambe sono accomunate dalla difesa dei valori tradizionali, di fronte ad una dilagante decadenza dell’etica e della coesione sociale; perché è comune ad entrambe l’invito alla tolleranza, al rispetto ed al confronto, come strumenti irrinunciabili per dirimere le controversie fra i popoli, come armi efficaci contro il dilagare dell’integralismo e del totalitarismo. Troppi oggi usano la bandiera delle religioni per fini economici o di potere. Come non ricordare per esempio agli integralisti dell’Islam le belle parole del Corano: “Vi ho creato in nazioni e tribù, in modo che vi poteste conoscere e fare amicizie, non perché restaste tronfi nella vostra tradizione”? La Massoneria è in grado di offrire alle persone di buona volontà un luogo di incontro aconfessionale e perciò al di sopra di ogni sospetto di partigianeria.

Ritengo che la Chiesa dovrà prima o poi riconoscere il valore di un’Istituzione dove si realizza quel dialogo, che lo stesso Benedetto XVI ha auspicato più volte nel mese di gennaio del 2010, sia nei confronti dei fedeli delle altre religioni che degli stessi atei. Da questo dialogo proprio la Massoneria, che ne è propugnatrice, non può rimanere esclusa.

Forse alcuni nella Chiesa temono che l’anima laica della Massoneria finirebbe col fagocitare la fede dei cattolici che vi aderiscano. Se così fosse allora quella fede non sarebbe né sincera né vera. Ritengo invece che un consistente ingresso di cattolici contribuirebbe a ricondurre anche le logge più laiciste nell’alveo da cui sono scaturite, quello di un cristianesimo esoterico, luogo naturale di dialogo e di confronto fra le religioni e con lo stesso ateismo.

 

6.

La fedeltà alla Chiesa non mi impedisce dunque di provare simpatia e totale comprensione per quei fratelli cattolici che aderiscono ad una istituzione massonica e, in retta coscienza, si accostano all’eucarestia. E’ nell’“Ecclesia de Eucharestia” che trovano infatti un’ampia giustificazione.

Questi fratelli devono sentirsi impegnati ad operare perché all’interno della Massoneria tolleranza e dialogo, che sono valori massonici, prevalgano sempre su ogni forma di integralismo laico, dalla quale ancora troppi massoni sono tentati. E’ loro compito sovrastare la voce di coloro che, anacronisticamente, propongono un falso laicismo anticlericale. E’ loro compito esaltare le radici cristiane di un’Istituzione che apre i suoi lavori sul libro aperto del Vangelo secondo Giovanni.

Per parte mia, la fedeltà alla Chiesa mi consente di esprimere liberamente e a pieno titolo la mia voce al suo interno e di operare con le uniche armi che posseggo, quelle della parola e della penna, per sensibilizzare i cattolici di buona volontà e rimuovere i sospetti e le diffidenze ingiustificate che troppo spesso hanno nei confronti dei massoni. So che in questo modo mi attirerò l’inimicizia di molti, sia da parte di massoni che oggi mi guardano con simpatia per i miei scritti, sia e soprattutto da parte di chi nella Chiesa non ama la libertà di coscienza. Ma è proprio la coscienza che mi impone di lavorare per il dialogo fra la nobiltà dell’Istituzione massonica e la sacralità della Chiesa cattolica. Non dubito che un giorno quest’ultima, come ha fatto sul Non expedit, muterà il proprio pensiero e toglierà le proibizioni verso la Massoneria.

Mi piace, in conclusione di questa riflessione, ricordare quale impulso per il dialogo fra Cattolici e Ortodossi abbia rappresentato il massone patriarca Atenagora, nei cui confronti Giovanni XXIII e Paolo VI dimostrarono tanta apertura e stima. E’ questa la strada da seguire, soprattutto oggi che da ogni parte le posizioni politiche e religiose sembrano radicalizzarsi e l’integralismo incombere con un velenoso respiro satanico.

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