Ancora su Sciola

Al post precedente aggiungo una sintesi della presentazione che ho avuto l’onore di fare, all’inaugurazione della mostra nel refettorio dei frati, in Santa Croce a Firenze. La mostra rimane dall’8 al 13 ottobre del 2013.

E’ difficile parlare dell’arte di Sciola, perché tocca corde profonde e nascoste della nostra psiche. Ne conoscevo le immagini da cataloghi e riviste,  ne avevo udito i suoni dai video che circolano sul web, ma vedere le pietre con i propri occhi e udirne i suoni reali è tutta un’altra cosa. Quando nell’atelier solitario di Pinuccio Sciola ho udito per la prima volta dal vivo il suono arcano della pietra, ho provato un’emozione profonda, come se stessi ascoltando la vibrazione cosmica che proviene dalle profondita’ del tempo, dall’origine dell’universo, la voce primordiale del Big Bang.

Siamo abituati a pensare alla pietra come ad una materia inerte e statica. In realtà essa è viva, intrisa di un’energia possente che raccoglie in se’ come la pila l’energia elettrica.

Lo sapevano bene i maestri muratori e gli scalpellini che costruirono le cattedrali medievali, disponendo le pietre con sapienza e religioso rispetto.

Lo sapevano i costruttori della civiltà megalitica che alzarono menhir e dolmen.

Lo sapevano coloro che elevarono obelischi e piramidi.

Lo sapevano coloro che innalzarono al cielo i nuraghi, che indirizzarono al sole nascente del solstizio di inverno l’abbraccio dei semicerchi di stele delle tombe dei giganti.

I nuraghi sono considerati dal mondo accademico come fortezze o dimore dei capitribù. Si, forse furono anche questo. Ma furono eretti soprattutto come edifici sacri. Non intendo sacri nel senso di strutture dove svolgere riti o liturgie, ma sacri perché ombelico della comunità, asse cosmico innalzato per mettere lo spirito in comunicazione con la sua fonte, il cosmo. È’ sacro quel recinto che unisce la terra all’universo, la materia allo spirito ed alla sorgente dell’Intelligenza.

Nel tronco di cono del nuraghe, le energie siderali e quelle telluriche si incontrano, incanalate e imprigionate nell’involucro possente di pietra.

In queste opposte cascate di energia, nello spazio concluso del nuraghe, il tempo era destinato ad interrompersi e l’anziano sciamano poteva udire le voci del passato e del futuro.

La pietra accoglie le energie della terra e del cielo e le custodisce come un forziere; al suo interno si contiene una vibrazione che ruota incessante su se stessa come il vortice delle galassie.

Per questo Wolfram von Eschembach nel Parsival parlò del Graal non più come di un catino, ma come di una pietra, il lapsit exillis. La pietra è infatti davvero un vaso che racchiude l’universo.

Da una pietra, a Bethel, Giacobbe vide scaturire la scala che conduce al Cielo, lungo la quale salivano e scendevano gli angeli.

Per questo gli alchimisti parlarono della pietra filosofale come allegoria del compimento della loro Opera, che estrae e libera dalla materia l’Anima del Mondo.

Anche l’arte di Sciola è un’opera alchemica, che libera dalla prigione della materia il canto dell’Anima universale

Ascoltiamo dunque questi suoni arcani.

Lasciamo trasportare la nostra anima dall’onda sonora verso le profondità siderali e verso quelle del nostro essere, verso l’immagine luminosa che ne è il fondo e la fonte. Perché è li’, nel profondo della nostra interiorità, che si racchiudono il cosmo intero ed il suo mistero.

Col tempo impareremo che questa fontana primigenia è un’energia intelligente, dalla quale le nostre intelligenze apparentemente individuali scaturiscono come le onde dal mare. Questa Fontana del Pensiero e della Parola, che tutto permea e ad ogni cosa dà vita, molti la chiamano Dio.

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