Un commento di Delfo Del Bino a “Il Segreto di San Miniato”

Caro Renzo,
…Man mano che procedevo nella lettura, cresceva il numero delle domande che ero costretto a pormi.
Riguardavano la scelta dello scenario, della trama, dei luoghi, del tempo, delle azioni, dei protagonisti, uno dei quali viene seguito durante l’arco della sua vita.
Riguardavano quel mettere a fuoco episodi e avvenimenti e far rivivere in modo credibile un periodo così lontano dalle nostre esperienze, dal nostro quadro di conoscenze, dal nostro attuale modo di vivere e di credere e, infine, l’esprimere su quello stesso periodo un proprio giudizio morale mostrandone la crudeltà che si impadroniva perfino dell’animo dei dignitari della Chiesa. Un giudizio morale che non suggerisce confronti fra l’uomo e la bestia, perché il primo è solito cadere preda di un sentimento che la bestia non conosce: l’odio.
Raramente mi è capitato di cogliere una rappresentazione dell’odio così efficace come quella di alcuni personaggi del tuo libro (in particolare di Drogo) e, di contro, la eccezionale rappresentazione del sentimento opposto, l’amore. L’amore che chiama a raccolta tutte le forze del Cielo e della Terra, tenero e fortissimo, disarmato e disarmante, sorto nel cuore di un piccolo ebreo battezzato e cresciuto in una fede universale che le raccoglie tutte e le esalta, fino ad avvolgere la sua Miriam, una fanciulla capace di restituirgli una dedizione totale tanto intensa…
Un piccolo ebreo cui la sorte aveva riservato la ventura di divenire cavaliere …e poi infine “signore del Graal” e la più gratificante delle avventure, quella di accedere immerso nella luce boreale ova nulla è senso perché nulla è materia e ritrovare il suo maestro Arduino e Miriam, il “bene” supremo che irrora lo spirito di un fluido ineffabile e lo sazia.

Nel libro si incontrano spesso i sentimenti, racchiusi entro la disciplina dell’Arte Magistrale dei costruttori di Templi i quali, pur operando sotto il dominio delle misteriose leggi della statica, paiono volersi contrapporre ogni qual volta seguono le altrettanto misteriose leggi espresse e nascoste nei simboli di pietra, creati e fatti vivere dai loro prodigiosi scalpelli e dalla fantasia di chi è riuscito a costruirsi un universo interiore non meno reale di quanto non lo sia quello ingannevole dei sensi. E così, segreto porta segreto e, in quello miracoloso delle cattedrali gotiche che hanno tolto peso alla materia, se ne cela un altro, il segreto della Pietra, il Graal custodito dalla fede di alcuni privilegiati prescelti dal Destino.

Un libro fitto di avventure e di sentimenti, nel quale a prevalere sono questi ultimi. Nondimeno, nessun sentimento è descritto tanto bene nelle sue variazioni possibili quanto quello della morte, il trapasso, il superamento della soglia ove le spoglie terrene abbandonano lo spirito e lo liberano affinché nulla possa dividerlo dall’Uno: è il momento dei ricongiungimenti attesi per una vita intera, il termine ultimo ove l’angoscia, come la nebbia, viene dissipata da una serena solarità ultraterrena. Non manca nessuno all’appelo. Tutti sono lì sorridenti intorno a lui, piccolo ebreo, felicemente stordito dal suo trionfo di cui, finalmente, riesce a riconoscerne i meriti, non solo suoi ma di loro: Miriam l’anima della sua anima, Arduino dal volto di luce, Sohrawardi il saggio, Mordechai il Padre sventurato che più di ogni altro ha conosciuto gli orrori dell’dio e ne ha avuto terrore, prima vittima della intollerante cupidigia di drogo, il ribelle venuto dall’inferno, a tormentare gli umani.
Il Destino si stava compiendo. Yoseph riprende il suo nome di figlio di Isacco e dice: “La Pietra del Graal è dentro questa basilica che un architetto di Francia ha reso degna di accoglierla. Ora è sotto gli occhi di tutti, ma a tutti nascosta, tranne per coloro che sapranno rendere il loro spirito degno di riconoscerla…”
L’Opera è compiuta. Il suo Tempio di Uomo è stato costruito in ogni sua parte: le fondamenta robuste, i pilastri altissimi a sorreggere gli archi e le vele e, al suo interno, un’atmosfera di quiete sommessa che lo accompagna al passaggio tra chi è destinato a restare.
Nient’altro: “erano trascorsi gli anni ed erano passati veloci come un soffio di vento”.
Così passa la vita di un uomo: “veloce e silenziosa come un soffio di vento”….

Delfo Del Bino

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3 commenti su “Un commento di Delfo Del Bino a “Il Segreto di San Miniato”

  • Bellissima e toccante la nota qui sopra di Delfo Del Bino. Difficile aggiungere altre parole. Il Tempio interiore è davvero stato costruito e la sua visuale abbraccia questo mondo con sentimenti di amore.
    Entrata nel suo Blog, caro Renzo, avrei voluto scrivere le mie impressioni sul suo Libro, ma mi fermo qui, dove, accarezzata dal “soffio di vento” della Conoscenza, non mi rimane che inchinarmi.
    Buon lavoro allo Scrittore, anche se penso dentro di me che Lei, il lavoro lo abbia concluso, almeno per ciò che riguarda l’Opera.
    Angela Cherubini

  • Ho letto il nuovo libro del Manetti, La Lingua degli Angeli. Con grande interesse e stupore.
    Mi aspettavo infatti, data anche la veste tipografica della copertina, una specie di proseguimento del Romanzo Il Segreto, ma non è così. Il libro che viene dopo anticipa invece quello che viene prima, paradossalmente. E l’uso del numero d’oro è giustamente interpretato non come numero o geometria ma come armonia della Parola Generatrice. Bellissimo.

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