Riguardo alla preghiera 2

Questo post prosegue quello del 23 ottobre di quest’anno.

Molte pratiche di preghiera tradizionali associano l’emissione della parola al respiro, in modo che suoni e respirazione si accordino. L’associazione di mantra e respiro è una caratteristica della mistica zen ed in genere di quelle orientali. Willigis Jager ha scritto pagine commoventi sulla consonanza di pratiche mistiche cristiane e zen.

Ma questa associazione è il fondamento anche dell’antica preghiera esicasta dei monaci d’Oriente, che consiste nella ripetizione costante del nome di Gesù, all’interno di una formula che in genere è questa: “Signore Gesù, Figlio di Dio, abbi pietà di me peccatore”. Il padre Giovanni Vannucci, dei Servi di Maria, scrisse un libretto bellissimo su questa preghiera, edito dalla Libreria Editrice Fiorentina nel 1978. La recitazione veniva fatta in modo che il respiro corrispondesse ai suoni; una pausa fra inspirazione ed espirazione veniva posta fra un’invocazione e l’altra. Questa pausa era leggermente prolungata ad indicare che col nome di Gesù il ritmo naturale della vita si fermava, per far calare il silenzio nell’esistenza e lasciare che vi irrompesse l’essenza, l’eternità.

Scriveva padre Giovanni: “Il Nome divino non è distinto dall’oggetto che esprime,  in esso suono e oggetto, nome e forma sono una sola realtà; non è un simbolo, ma è la veste del suono del Verbo eterno creatore. Oltre al suono percepibile dall’orecchio, contiene una vibrazione inaudibile con l’udito sensibile, la sua costante ripetizione permette di raggiungere la realtà divina e ultima che contiene”. E ancora: “Come il Nome di Gesù, per una speciale divina dispensazione, è stato scelto per significare la vivente Parola proferita dal Padre, possiamo dire che questo Nome partecipa in una certa misura a questa eterna emissione della Parola”.

Ma un altro Nome era presente nel Padre prima che i tempi fossero: quello della santa Madre di Dio, l’Immacolata, Maria.

Il rosario mariano è una ripetizione costante dei nomi di Maria e di Gesù e può essere considerato una pratica mistica analoga alla preghiera esicasta. L’Ave Maria va recitata allora con voce sommessa, adattando ad essa il ritmo del respiro. Inspiriamo alla parola Ave ed espiriamo fino alla pronuncia del nome di Gesù, quindi facciamo una pausa, inspiriamo e di nuovo espiriamo fino all’Amen conclusivo. Qui faremo un’altra pausa ed una nuova inspirazione e così via, posta dopo posta, mistero dopo mistero,finché la preghiera si intriderà nel ritmo dell’esistenza, diventerà parte del respiro che mantiene in noi la vita e si rivelerà anzi come la vera fonte di essa. Così l’esistenza materiale e quella spirituale riceveranno, insieme e con lo stesso ritmo, il loro nutrimento. Così il corpo e lo spirito entreranno in armonia e vibreranno all’unisono, risuonando nell’anima che entrambi li comprende. Passo dopo passo la santa potenza dei nomi ci condurrà nel profondo di noi stessi, in quel vaso dove si racchiude la somiglianza con Dio, al cospetto dell’eterna Sophia. Scriveva Niceforo il Solitario: “Controlla la respirazione in maniera da non respirare nel consueto modo, scruta con la mente l’interno del tuo corpo cercando il posto del cuore, soggiorno delle potenze dell’anima. Scoprirai così una felicità senza limiti. Appena la mente avrà trovato il luogo del cuore, vedrà improvvisamente cose interamente nuove. Troverà se stessa interamente luminosa e colma di conoscenza. Quelli che avranno fatto discendere il pensiero nel ricettacolo del cuore, potranno dire con San Paolo: Chi mai ci separerà dall’amore di Cristo?

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