Moschea ed affari a Firenze

 

 

Il no del sindaco di Scandicci, seguito dall’avallo di Renzi, ad una moschea da farsi sul territorio comunale di Firenze mi è di difficile comprensione. A parole tutti ammettono che i 30.000 musulmani fiorentini hanno diritto ad un edificio di culto, ma ogni volta che qualcuno propone un luogo dove collocarlo, ecco scatenarsi il coro dei no.

Il primo pretesto è quello della sicurezza: diamo ai musulmani una moschea e questa diventerà un luogo dove predicare l’odio. Eppure mi sembra che tra l’unione delle comunità islamiche italiane ed il Governo ci sia stato un recente accordo per il controllo dei contenuti delle prediche e per l’isolamento dei fanatici integralisti. Questo può avvenire con successo solo in moschee regolari, non nei garage adibiti a preghiera, non sui marciapiedi. La moschea a Firenze è una garanzia di sicurezza.

Altro pretesto è che prima di tutto dovrebbe esserci reciprocità: se in molti paesi musulmani ai cristiani non è permesso costruire nuove chiese, perché allora per ritorsione non ci comportiamo come loro? Ma noi siamo cristiani ed occidentali e vogliamo rimanerlo. I tempi dell’Inquisizione e del rifiuto del diverso sono ormai alle nostre spalle e non li rimpiangiamo. I musulmani fiorentini hanno il diritto di realizzare a loro spese la moschea: gli è dovuto proprio per la nostra storia, per la nostra civiltà, per la nostra cultura. Non si tratta di abdicare alla tradizione cristiana ma il contrario: verremmo meno ad essa se non garantissimo la libertà di culto e di pensiero. Purtroppo il no alla moschea scaturisce proprio dall’aver perso un orizzonte cristiano.

Sorprende dunque il segnale di stop che Renzi ha inviato al sindaco di Firenze, Dario Nardella, che proponeva la moschea nel sito della caserma Gonzaga in via provvisoria e nei terreni intorno ad essa in via definitiva. Ma è chiaro a tutti di quali terreni si tratta? Non è quella una semplice periferia urbana come scrive il sindaco di Scandicci, ma il più vasto dei comparti del Regolamento Urbanistico del comune di Firenze (quello che una volta si chiamava piano regolatore). Lì deve sorgere un nuovo quartiere, fatto di case, negozi, servizi. I servizi non sono elencati, ma i luoghi di culto, che siano chiese, sinagoghe o moschee, costituiscono standard urbanistici, cioè servizi obbligatori. E quale zona è più idonea per una nuova moschea di quella dove il Comune deve disegnare un nuovo assetto urbano? Dall’esito del concorso internazionale che è stato indetto uscirà infatti un disegno di città nel quale anche la moschea potrà, come luogo di culto e dunque urbanizzazione secondaria, trovare una collocazione coerente con un progetto organico di sviluppo urbano. La scelta del Sindaco di Firenze è dunque ineccepibile, mentre lo stop imposto da Renzi è incomprensibile se non in un’ottica che con l’urbanistica non ha niente a che vedere.

Detto questo bisogna ammettere che le previsioni del comune per il grande comparto dei Lupi di Toscana non sono così chiare e neppure lo è il percorso partecipativo che è stato fin qui compiuto. Mi spiego meglio. La caserma è l’unica proprietà comunale del comparto e la trasformazione della sua volumetria comporta 33.000 mq. di superficie da demolire e ricostruire. Il comune prevede poi altri 20.000 mq. aggiuntivi a quelli esistenti così da arrivare a 53.000 complessivi. Ai proprietari dei vari terreni che formano il comparto è stato detto, nelle assemblee pubbliche finalizzate ad un’urbanistica partecipata,che tutti usufruiranno di questa edificabilità in misura proporzionale alle loro aree, così che nessuno sia penalizzato: è il concetto della cosiddetta perequazione urbanistica.

In realtà le cose stanno un po’ diversamente. I 20.000 mq. sono infatti virtuali perché devono venire dal trasferimento di volumetrie da altre zone della città: in parole povere se si vorranno portare nel comparto dei Lupi di Toscana bisognerà acquistarli a prezzo di mercato; ma non dovunque, solo in quelle aree della città dove il comune ha imposto lo spostamento delle volumetrie esistenti. Dovranno dunque essere comprati degli edifici, con un costo notevole che rende probabilmente antieconomico il trasferimento. Ma c’è di più: nel loro insieme i volumi da demolire e trasferire previsti dal Piano non arrivano a 20.000 mq. e dunque anche pagando non si vede da dove tirar fuori questa benedetta superficie aggiuntiva promessa. D’altra parte, con un Piano Strutturale che comanda sul Regolamento Urbanistico e non ammette nuove volumetrie nel territorio fiorentino, la nuova edificazione non è possibile. Quindi i 20.000 mq. in realtà non ci sono, a meno che non si cambi il Piano Strutturale e non si rinunci allo slogan dei volumi zero.

Rimangono i 33.000 mq. degli edifici della caserma. Ma questi sono del comune e non possono essere regalati ai privati, a meno che non vengano venduti con una gara regolare e pagati: ma da chi? Le recenti notizie di stampa hanno fornito nuove informazioni: fra i grossi gruppi imprenditoriali, tutti forestieri, interessati al business della caserma c’è anche il gruppo romano Pessina, che a suo tempo aveva già avanzato una proposta ed ha dichiarato alla stampa di essere ancora fortemente interessato all’attuazione del comparto, a condizione che la moschea non vi si faccia. E i giornali hanno ricordato in modo impietoso che il gruppo Pessina è il socio di riferimento dell’Unità, che ne ha acquistato le quote con la segreteria di Renzi per salvare il giornale dal fallimento. Non dobbiamo per forza pensar male, ma certo il sospetto che dietro ad uno stop privo di motivazioni tecniche ci siano pressioni speculative è conseguente. Questo sospetto deve essere fugato in modo netto.

A farne le spese sono 30.000 fiorentini di fede islamica e la nostra dignità di cristiani.

 

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