RenzoManetti

Il Natale ed il simbolismo cristiano del sole

In Siria alcuni filosofi neoplatonici e neopitagorici elaborarono una teologia della luce e del sole, che ebbe una grande diffusione nell’impero romano dei primi secoli; fra questi Posidonio e Numenio, entrambi di Apamea, città della Siria fra Antiochia ed Edessa, che era un grande centro di traffico carovaniero e quindi di diffusione delle idee. Essi svilupparono l’idea di un Dio unico, motore del cosmo, del quale tutti gli dei tradizionali sarebbero stati solo emanazioni, e lo identificarono col sole. Tra il II e il III secolo, sulla scia della diffusione delle religioni orientali e di quella di Mitra in particolare, il culto del Sole finì con l’assorbire i culti tradizionali delle varie province, in un nuovo sincretismo monoteista che tese a divenire la religione comune dell’impero; esso avrebbe dovuto dare all’Impero., di cui ogni uomo libero era ormai cittadino, il valore di una comunità anche religiosa, tenuta insieme da un culto e da una morale comuni, che non abolivano del tutto quelli antichi e tradizionali delle singole popolazioni. Nel III secolo l’imperatore Aureliano impose a Roma il culto del Sol Invictus, collegandolo a quello imperiale.
La tolleranza religiosa romana cercò di fagocitare anche il Cristianesimo all’interno del sincretismo solare – imperiale, ma fu invece il Cristianesimo a prevalere ed assorbirlo; così il Sole divenne simbolo di Cristo. Il Cristianesimo fece dunque proprie le feste solari: fra il 335 e il 336 i cristiani di occidente collocarono simbolicamente la nascita di Gesù in prossimità del solstizio di inverno, il 25 dicembre, natale dell’invitto Mitra e del Sole; più lentamente il Natale si diffuse anche in oriente, dove ad Alessandria era festeggiato il 6 gennaio, anche qui sostituendo una festività solare di origine egiziana. Nella porta istoriata della basilica romana di Santa Sabina, del V secolo, sono raffigurati i re magi che adorano il Bambino: essi indossano il berretto frigio degli iniziati di Mitra, con un chiaro riferimento alla vittoria del cristianesimo sul culto antagonista, ma anche all’identificazione di Gesù col Salvatore atteso dai seguaci di Zaratustra, che dunque erano chiamati a riconoscerlo come tale.
L’associazione del sole con Cristo si trovava già nei Vangeli, particolarmente in quelli di Giovanni e di Matteo, che è l’unico evangelista a raccontare l’episodio dei magi, utilizzando il simbolismo luminoso di origine iranica che vi è connesso. Nel Prologo di Giovanni il Verbo è Luce:”Veniva nel mondo la luce vera quella che illumina ogni uomo”; Matteo riferisce l’episodio della trasfigurazione sul monte Tabor, paragonando Cristo al sole: “Si trasfigurò davanti a loro: il suo volto risplendente come il sole, e le sue vesti divennero candide come la luce”. La tradizione che vedeva nel sole e nella luce un simbolo di Cristo fu trasmessa anche da Paolo nella seconda lettera ai Corinti: “…affinché non rifulgesse loro lo splendore del Vangelo della Gloria del Cristo che è immagine di Dio…”;”Perché Iddio, che disse Dalle tenebre rifulga la luce, è Colui che ha rifulso nei nostri cuori, per far risplendere la conoscenza della gloria d’Iddio, che è sul volto di Cristo”..
Essa fu ripresa da quei padri della chiesa, che cercarono di conciliare la filosofia platonica con la teologia cristiana: costoro ritenevano che Dio avesse diffuso tra i saggi del passato una verità che avrebbe trovato in Cristo la pienezza della rivelazione. Che dunque la filosofia antica non fosse tutta da rigettare, ma da valutare serenamente alla luce dell’insegnamento dei vangeli. Fra questi Giustino, che nel II secolo riteneva il platonismo una via per comprendere le verità eterne rivelate da Cristo; Clemente Alessandrino, il quale nel III secolo affermava che Dio, come il sole, è il cuore del cosmo. Anche Dionigi l’Areopagita, o meglio l’ignoto autore del V secolo che il Medioevo identificava col discepolo di San Paolo, cercò anch’egli con successo di conciliare il neoplatonismo con il Cristianesimo; non a caso proveniva dallo stesso ambiente culturale siriano, che aveva elaborato il misticismo solare. Dionigi influenzò profondamente il pensiero e la teologia medievale, dimostrando che il misticismo di Platone poteva efficacemente essere conciliato con quello cristiano.
L’attribuzione al Verbo del simbolismo solare fece sì che l’oriente, da dove provengono i raggi del sole nascente, diventasse simbolo della Parusia, il ritorno di Cristo nel giorno del Giudizio. Già nel Vangelo di Matteo, si legge: “Come la folgore viene da oriente e brilla fino a occidente, così sarà la venuta del Figlio dell’Uomo”. L’orientamento della preghiera, già presente fra gli egiziani ed i persiani, fu conseguenza logica del simbolismo dell’oriente: Tertulliano invitava a pregare verso l’est e anche S.Agostino menzionava questo uso; secondo Eusebio di Alessandria i cristiani praticarono la preghiera verso oriente almeno fino al V secolo. Si tratta di una pratica comune alle tre religioni abramitiche, ma con una differenza significativa: gli Islamici e gli Ebrei si rivolgevano e si rivolgono tuttora verso un centro simbolico che coincide con un luogo geografico, la Mecca per i primi e Gerusalemme, sede del primo Tempio, per i secondi, mentre i Cristiani pregavano verso la Gerusalemme Celeste, che non si identifica con un luogo, ma con una dimensione che si fonderà con la terra solo alla fine dei tempi. Ne consegue che le sinagoghe e le moschee hanno una nicchia della preghiera che muta la sua collocazione a seconda del contesto geografico, mentre la chiesa cristiana tradizionale presenta costantemente l’ingresso a occidente e l’abside, verso cui si rivolge la preghiera, a oriente.
Ma il sole sorge ad est solo negli equinozi: nel resto dell’anno si sposta verso sud est, dove la sua corsa si conclude al solstizio di inverno, e verso sud ovest dove nasce al solstizio di estate. Le chiese più ricche di sacralità si rivolgono al sorgere del sole al solstizio di inverno.Così è per la nostra antica basilica fiorentina di San Miniato al Monte, orientata a sud est per accogliere nel giorno di Natale, prossimo al solstizio di inverno, i raggi del sole matutino, che simboleggiano la supremazia della Luce sulla tenebra e della Parola sulla materia. Sul pavimento marmoreo della basilica un grande zodiaco presenta al centro la figura del sole. Vi si riconosce il simbolo del Verbo, Signore del Tempo e dei moti che regolano e scandiscono l’esistenza. Pensando al Signore del Tempo, si comprende allora quanto scrivevo ad Alex nel post precedente: durante la preghiera esicasta al momento di pronunciare il Nome il respiro si interrompe, così come per alcuni vangeli apocrifi citati ancora a Alex, al momento della nascita a Betlemme, il tempo si fermò per brevi istanti. In entrambi i casi l’eternità irrompe e si riappropria del tempo che le appartiene come un figlio alla madre.

Exit mobile version