RenzoManetti

Il degrado del Viale dei Colli a Firenze

Il degrado a Firenze aumenta. Sul muro di una casa in piazza del mercato di Sant’Ambrogio, una mano infelice ha scritto con la vernice spray: “Il degrado mi aggrada”. Purtroppo c’è un teppismo che ama distruggere, ci sono un’incuria ed un lassismo che preferiscono non vedere né intervenire, ci sono un’ignoranza ed una superficialità che istituzionalmente accrescono il degrado e distruggono l’immagine della città. Chi è preposto alla sua cura a volte non ne è all’altezza. Non mi riferisco stavolta alla questione del traffico, che sembra gestito in modo da accrescere il degrado, ma alla manutenzione di uno dei luoghi simbolo della città, il viale dei Colli.

Il Viale dei Colli Alti, lo chiamava l’architetto Giuseppe Poggi, che l’aveva progettato come sapiente alternarsi di giardini, visuali panoramiche, luoghi di sosta, asse prestigioso di un quartiere giardino destinato alla classe alta fiorentina. Ne aveva regolato la custodia dell’immagine con norme scrupolose trascritte nei registri immobiliari, perché le generazioni future non ne alterassero il progetto. Queste norme sono servite in modo impeccabile fino alla nostra generazione; ora non sono più rispettate. Come quella delle recinzioni dei giardini privati ammesse solo con cancellate aperte, schermate da siepi verdi, irrisa dal recente restauro della villa all’angolo fra il viale e via San Leonardo, dove la cancellata è stata chiusa brutalmente da una lamiera marrone continua, senza che nessuno nelle istituzioni abbia ritenuto di eccepire qualcosa.

Ma gli spregi maggiori vengono proprio dalle istituzioni. Piazzale Michelangelo è il belvedere ottocentesco affacciato sulla città, nodo monumentale del sistema poggiano di percorsi e giardini posto fra la città storica e le sue colline. Proprio qui si sta portando avanti un altro dei consueti scempi, sostituendo le austere pietre da lastrico della pavimentazione ottocentesca del marciapiede, dove il viale dei Colli si innesta sul Piazzale, con moderne pietre azzurrine di sapore disneyano, dalle scanalature antiscivolo tutte uguali ed industriali. Già il marciapiede verso monte è stato anni addietro asfaltato, rendendolo uguale ad una strada urbana; ora invece di tutelare e restaurare in modo scientifico ciò che resta delle pietre del Poggi, le si buttano via per far posto ad un pavimento moderno ed industrializzato.

Perché non si riesce a capire che la città giardino ottocentesca è un monumento al pari della città medievale e rinascimentale? Che anche le pavimentazioni antiche sono un bene culturale da preservare e non da distruggere o ricoprire di asfalto?

Chi penserebbe a sostituire i pavimenti di Palazzo Vecchio con un pavimento moderno? Chi lo farebbe a Pitti? Perché i pavimenti storici delle strade devono essere trattati diversamente da quelli dei palazzi?

A Firenze, la città dell’arte, con rara insensibilità e nonostante i continui appelli di architetti e storici, si persevera con ottusa disinvoltura a distruggere le pavimentazioni antiche della città monumentale.

E lì al Piazzale la Soprintendenza ha acconsentito? E’ stata interpellata come la legge impone? E le pietre antiche, che sono state rimosse, dove sono finite?

Ma non è tutto. Sembrano ormai condannati anche i pini secolari del viale Torricelli, che da generazioni accompagnano il viale rendendolo l’ingresso più bello che la città offra a chi giunge da fuori. Pini torti dal vento, le cui radici sollevano il manto di asfalto, ma le cui chiome potenti svettano verso il cielo formando un ombrello verde di incredibile bellezza.

Centoquarantacinquemila euro sono stati stanziati per distruggerli. Eppure in consiglio comunale Ornella De Zordo ha chiesto di valutare l’impiego di tecniche moderne che impediscano il sollevamento delle radici sul piano stradale, salvando i pini: “Esistono soluzioni alternative, ha scritto, sperimentate da anni con successo negli Stati Uniti e nel Nord Europa, che permettono di prevenire o attenuare il problema delle radici emergenti con tecniche diverse: dall’uso di tessuti geotessili, imbevuti di un principio diserbante, che vanno posti sotto il manto stradale, alla creazione sotto l’asfalto di uno strato isolante costituito da sabbia e pietrisco…”.

E’ rimasta inascoltata, perché è più facile e sbrigativo buttare giù. Il mio appello si unisce a quello di tanti altri fiorentini sensibili, fra i quali mi piace ricordare quello del Presidente dell’Accademia delle Arti del Disegno, prof. Luigi Zangheri, perché questo scempio ci sia risparmiato. Sarebbe come abbattere i pini di Posillipo o del Gianicolo. A Firenze per fare la tramvia abbiamo già distrutto troppe piante secolari, riducendo viale Morgagni e viale Rosselli a spianate vuote piene solo di auto ma prive di immagine.

 

             

 

 

 Prima e dopo

Exit mobile version