Il rogo di Notre Dame

Il rogo spaventoso della cattedrale di Parigi mi ha ricordato il martirio del Gran Maestro templare Jacques De Molay il quale, prima di esser tormentato dalle fiamme, chiese agli aguzzini di volgere il suo volto verso Notre Dame. Perché la cattedrale, intitolata a Nostra Signora, non era solo il simbolo della Madre di Dio, ma la sua stessa Presenza. Fra quelle mura, quelle torri, quei pinnacoli, Jacques vedeva proprio Lei, la Grande Signora dei Cieli.

Notre Dame brucia all’inizio della settimana santa, brucia in un’epoca di grande crisi dell’Occidente cristiano, brucia dopo le stragi perpetrate in Europa da fanatici seguaci dell’Anticristo. In quelle fiamme che si alzano vorticose verso il cielo, nella guglia che crolla su se stessa, fra quelle pietre annerite noi vediamo la Passione dell’Europa cristiana.

Non so se l’incendio di Notre Dame sia doloso, se sia terrorismo, se sia un incidente, ma non mi importa molto saperlo, perché la mano è quella stessa di Satana che allunga gli artigli vittoriosi sulla Chiesa, di cui Maria è figura come la cattedrale è figura di Maria.

Siamo nel ventunesimo secolo, siamo nel ventunesimo capitolo dell’Apocalisse, l’epoca della grande tribolazione, quando Satana pare assaporare la sua vittoria. E’ l’epoca dell’ultimo segreto di Fatima, un segreto che parla di sangue, sofferenza e martirio per la Chiesa di Dio.

Ma l’Apocalisse è la profezia di un’altra vittoria: la Donna partorirà il Figlio, schiaccerà la testa del serpente ed una nuova era si aprirà per il Resto di Israele, per le vesti candide lavate nel sangue dell’Agnello.

 

 

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